Gestioni separate: un match point per vincere la sfida del risparmio

Negli ultimi vent’anni lo sviluppo delle forme di gestione del risparmio ha rappresentato una fonte importante di ricavo per gli intermediari finanziari ed è stato posto al centro delle loro strategie di crescita. In Italia, come nel resto dell’Europa continentale, sono le banche e le assicurazioni ad avere un ruolo preponderante in questo settore.

Per molte compagnie italiane il portafoglio vita di investimento è legato principalmente all’attività tradizionale basata su prodotti assicurativi con partecipazione agli utili. I prodotti non tradizionali (cd. unit-linked) rappresentano ancora un elemento secondario del portafoglio, nonostante negli ultimi anni abbiano registrato un trend crescente e siano sempre più spesso offerti quali componente significativa nell’ambito di prodotti multiramo.

La volatilità dei mercati e un accresciuto clima di incertezza hanno però da ultimo rinnovato l’interesse dei clienti (e quindi delle compagnie) per i prodotti con capitale garantito. Ed infatti nel primo trimestre del 2019 è continuata la ripresa delle polizze di ramo I (nuovi premi per 19 miliardi di euro; +9 per cento rispetto a marzo 2018), che rappresentano il 71 per cento della raccolta vita complessiva. La componente di ramo III diminuisce da 8,5 a 7,2 miliardi di euro; tale andamento conferma il trend osservato a partire dal terzo trimestre del 2018.

In generale il mercato degli IBIP presenta elementi di fungibilità con il mercato della gestione del risparmio, discostandosene al crescere della rilevanza della componente assicurativa e degli elementi di partecipazione discrezionale agli utili nei singoli contratti. Si tratta – come è stato detto – più di un risparmio finalizzato che di risparmio gestito in senso stretto. Si va dai prodotti che garantiscono sia in caso morte che in caso vita la restituzione delle somme investite nonché, specie in passato, una rivalutazione minima del capitale, a quelli in cui la componente demografica è quasi del tutto assente come parimenti assenti sono eventuali garanzie di natura finanziaria.

Alcuni numeri da ricordare: a fine 1998, primo anno in cui i premi vita hanno superato quelli della gestione danni, la produzione vita si attestava a circa 26 miliardi di euro; oggi la raccolta annua è di circa 100 miliardi di euro; le riserve vita sono complessivamente circa 750 miliardi di euro. Negli ultimi dieci anni la produzione complessiva del settore vita è praticamente raddoppiata. Nel nuovo contesto, i prodotti rivalutabili prevedono quasi esclusivamente (circa l’80 per cento) tassi minimi garantiti pari allo 0 per cento, ma la più recente indagine semestrale IVASS sui prodotti registra ancora anche l’offerta di misure di garanzia dell’1,5 per cento.
Le sfide che si delineano nel prossimo futuro non sono di poco conto, per i gestori come per i distributori. In termini di efficienza allocativa rilevano: il quadro di bassi tassi di interesse, l’accentuata volatilità dei mercati, i maggiori requisiti patrimoniali applicati da Solvency II ai prodotti assicurativi di investimento tradizionali, requisiti che spingono verso la ricerca di prodotti capital light. In termini di efficienza operativa rilevano invece i maggiori costi di compliance legati all’introduzione della IDD, le prevedibili pressioni sui prezzi e le necessità di investire per migliorare il servizio alla clientela.

Non bisogna poi sottovalutare il crescente impatto della tecnologia e del digitale. L’ insurtech favorirà – cosi come già avviene oltreoceano – l’affermarsi di modelli di collocamento e consulenza personalizzata esclusivamente digitali, che si avvarranno di piattaforme online. I prezzi praticati al retail da questi operatori potranno essere molto competitivi rispetto sia al costo implicito oggi pagato dai sottoscrittori dei fondi comuni italiani (superiore ai 90 basis points) sia al costo dei prodotti vita tradizionali e non, in media più elevato.
La risposta a questa sfida passa per il miglioramento del valore aggiunto dell’offerta e per l’aumento dell’efficienza operativa, introducendo innovazioni nella filiera produttori/ distributori e sfruttando al meglio le potenzialità della rivoluzione digitale.
Anche nel settore assicurativo si aprono spazi per affiancare ai prodotti l’offerta di servizi alla clientela, in primis, di gestione professionale della articolata domanda di protezione espressa da famiglie e imprese. Il valore aggiunto offerto (servizi di qualità e garanzie, anche finanziarie, per i sottoscrittori) è giusto venga opportunamente e trasparentemente remunerato dai sottoscrittori.

Un ulteriore aspetto assume rilevanza in prospettiva. Con il procedere dell’integrazione dei mercati assicurativi europei cresce l’interesse delle compagnie a creare e offrire prodotti paneuropei (non armonizzati). Ciò comporta l’affacciarsi sui mercati nazionali di prodotti assicurativi disciplinati da legislazioni di altri Paesi dell’Unione (es, prodotti con partecipazione agli utili, diversi dalle nostre tradizionali gestioni separate) e con differenze nel portafoglio investimenti. E’ noto, infatti, che l’asset allocation dei sistemi assicurativi dei principali paesi europei presenta significative differenze nella ripartizione del portafoglio tra titoli di stato, corporate, azioni e investimenti alternativi. Ne deriva un ulteriore fronte di competizione, sui rendimenti del portafoglio.
E’ bene pertanto interrogarsi – come fa questo convegno – sulla sostenibilità nel lungo periodo di un settore fondamentale e distintivo dei prodotti di investimento assicurativo: le gestioni separate ovvero i prodotti del ramo I.
Vado diretto alla mia tesi: le gestioni separate sono il prodotto ‘DOP’ del mondo assicurativo nel settore degli investimenti del risparmio. Dobbiamo essere attenti a preservarne le caratteristiche distintive, che sono quelle di un prodotto indiscutibilmente assicurativo e ne fanno uno degli strumenti di investimento più apprezzati e richiesti dalla clientela. L’IVASS, dopo aver ascoltato il mercato, ha avviato con convinzione un processo di manutenzione e aggiornamento del quadro regolamentare di questi prodotti.
Le polizze tradizionali collegate alle gestioni separate hanno costituito per lungo tempo il prodotto più apprezzato dagli assicurati per le capacità di coniugare garanzie assicurative legate alla vita umana, rendimento minimo garantito/restituzione del capitale investito e possibilità di partecipare a un extra-rendimento legato ai risultati finanziari della gestione separata. La mutualità fra gli assicurati è una delle caratteristiche principali che connota le gestioni separate e le contraddistingue rispetto ad altri prodotti finanziari. Gli attivi sono di proprietà della compagnia ma i rendimenti calcolati e il capitale assicurato creano impegni dell’impresa verso l’assicurato: la compagnia gestisce gli investimenti in modo da conseguire una redditività stabile su orizzonti medio-lunghi (cd. «smoothing dei rendimenti»).
Le nuove regole ridisegnate dall’IVASS con il Provvedimento 68 del 14 febbraio 2018 mantengono inalterato il funzionamento delle gestioni separate, e vanno nella direzione di favorire il rilancio dei prodotti tradizionali garantiti, agendo su quelle rigidità gestionali che negli ultimi anni ne hanno “frenato” la commercializzazione.
La regola di calcolo del rendimento, disegnata negli anni 80, imponeva l’immediato inserimento di utili e perdite realizzate sugli attivi della gestione separata all’interno del rendimento di periodo, per la sua retrocessione agli assicurati nel medesimo periodo.
Le nuove regole concedono alle imprese la possibilità di realizzare le plusvalenze nette sugli attivi gestiti e accantonare gli utili in un apposito fondo , anziché procedere alla loro immediata distribuzione. L’impresa alimenta il “fondo utili” negli anni in cui realizza significative plusvalenze nette dalla vendita dei titoli e utilizza il fondo negli anni in cui i risultati della gestione separata devono essere integrati per assicurare stabilità ai rendimenti degli assicurati (1). Il fondo utili diventa così uno strumento per favorire la stabilità dei rendimenti nel tempo, affermare il rapporto di mutualità e ottimizzare la gestione finanziaria e dei rischi del portafoglio.
La riforma è stata accolta positivamente dal mercato ma potrà esplicare pienamente i suoi benefici nel corso del tempo: il fondo utili può essere costituito in vecchie e nuove gestioni separate ma in entrambi casi agisce solo su nuovi contratti. Ad oggi 5 imprese hanno lanciato prodotti collegati a nuove gestioni sperate con fondo utili.

La revisione delle gestioni separate è solo un primo tassello di un progetto più ampio. I fattori di cambiamento sono molteplici e spingono verso un ripensamento del modo di “fare i prodotti assicurativi”: mettere al centro le esigenze e le aspettative della clientela significa diversificare l’offerta, disegnando prodotti calibrati sulle specifiche esigenze dei consumatori: esigenze di protezione, risparmio e di investimento. Non vanno inoltre trascurati i vincoli di capitale: stabilità delle imprese e soddisfazione delle legittime aspettative dei policyholder sono le due facce della stessa medaglia.

(1) Altra importante novità riguarda l’introduzione di una deroga che consente di sospendere la contabilizzazione degli utili e delle perdite derivanti dalla negoziazione periodica (tipicamente infra-annuale) di particolari tipologie di strumenti derivati, prevedendo l’accantonamento dei proventi netti in una posta rettificativa del risultato finanziario di ciascun periodo di osservazione della gestione separata fino alla data di chiusura dell’operazione. La deroga consente di associare all’utilizzo di strumenti derivati su titoli iscritti nella gestione separata effetti sul rendimento della gestione stessa, correlati alla durata della strategia utilizzata anziché alla durata dello strumento finanziario derivato, qualora lo stesso sia parte di una strategia documentata e approvata dall’organo amministrativo. La deroga comporta una modifica dei regolamenti delle gestioni separate esistenti e delle condizioni contrattuali attualmente in vigore. Qualora l’impresa intenda avvalersene è previsto l’obbligo di apposita comunicazione ai titolari di contratti già in essere.

Possono trovare spazio prodotti che, presentando specifiche caratteristiche, possono meglio beneficiare delle misure c.d. di lungo termine (in particolare il matching adjusment), ovvero quelle misure che hanno l’obiettivo di conciliare un sistema prudenziale market consistent con la natura di medio-lungo termine del business assicurativo. Ove il mercato manifestasse concreto interesse potrebbero essere definite le caratteristiche dei contratti con partecipazione agli utili ammessi dalla Direttiva Solvency II al più favorevole trattamento prudenziale.

Negli operatori sembra esservi consapevolezza di quanto siano cruciali le scelte da compiere. Per dirla con Gustav Mahler i prodotti di investimento assicurativo ‘tradizionali’, proprio perché il mercato gli riconosce questo attributo, sono la ‘garanzia del futuro’. Facendo leva sui bisogni finanziari e di protezione di famiglie e imprese sta ora alle strutture di marketing, attuariali, agli asset manager, alle case di investimento rinnovare e individuare nuove formule.

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