Da un po’ di tempo a questa parte è ritornato in auge sul web il dibattito che vede protagonisti i dottori commercialisti e i consulenti del credito che strano a dirsi sono in diretta concorrenza tra loro.
La situazione attuale
La regolamentazione vigente in materia prevede la totale indipendenza e la certificazione professionale dei consulenti finanziari, che proprio per questo motivo sono tenuti a frequentare un apposito corso di formazione e sostenere la prova valutativa; nella situazione attuale anche i commercialisti sono tenuti a seguire lo stesso iter, nonostante le dure e vive proteste delle varie categorie ed associazioni.
Di fatto oggi i dottori commercialisti possono offrire anche consulenza creditizia ai loro clienti, un tipo di concorrenza che erode sempre più quote di mercato ai consulenti, chi più di un commercialista che ha sotto mano la situazione economica di un professionista o un’impresa
ad esempio può consigliare il relativo prodotto creditizio che possa soddisfare in maniera adeguata le esigenze richieste? Da questo punto di vista i commercialisti partono sicuramente avvantaggiati, dal momento che hanno con un cliente un rapporto di fiducia avviato, collaudato e quindi molto più elevato.
Le banche, il campo di scontro sul quale si gioca una partita importante
Seguendo la normativa che disciplina l’attività dei commercialisti a questi professionisti riconosciuta “competenza tecnica in materia finanziaria”, ma non è presente alcun riferimento alla consulenza creditizia, forti della competenza riconosciuta i commercialisti non di rado aiutano i propri clienti nella scelta di un prodotto creditizio.
Una volta intercettati i bisogni e le necessità di cui hanno bisogno, alcuni commercialisti “invadono” un territorio conquistato con tanti sacrifici dai mediatori e dai consulenti del credito: le banche; è questo il luogo dove si gioca la partita più importante, dove si finalizza un affare finanziario.
Dal canto loro i consulenti hanno già vivamente manifestato il loro malumore nei confronti di questo piccolo “vuoto legislativo” che continua comunque ad erodere fette importanti di mercato.
